Una civetta per amica
In Salento, come in Grecia, la civetta è benaugurante. La si può udire negli uliveti e la si può incrociare alla luce dei fari in un’oscura e cieca strada di campagna ( specie se si ha avuto la pessima idea di impostare il navigatore per tornare a casa).
Sorprende, chi viene da lontano, questo amore per un uccello notturno, altrove considerato di malaugurio.
L’irresistibile attrazione è frutto di un’ancestrale frequentazione. Già nel tardo neolitico, è attestata, ad Arnesano, una sepoltura che conserva, nel suo corredo funerario, una piccola scultura in pietra raffigurante una donna con testa di civetta.
Correndo lungo i secoli è Athena la dea che ha come suo attributo la civetta. Essa stessa uccello e lucente civetta, in area egea , fin dalla preistoria. Divinità venerata dai micenei, frequentatori di queste coste già dal XIII° sec. a.C., dove introdussero la coltivazione dell’ulivo, altro attributo della dea. Athena, dea sapiente e saggia ( e parecchio vendicativa) , amatissima nel Salento antico, ha lasciato alla sua gente come protezione ormai inconscia, ma radicatissima, il suo simbolo: la Athene noctua: la civetta dagli occhi rilucenti che vedono nel buio più profondo e guardano al giorno che sta per sorgere. Vasi greci, conservati al museo Castromediano di Lecce ce ne tramandano intatta l’immagine.
Piccolo simbolo benaugurante adatto a festeggiare una laurea certo (sapienza), ma anche a propiziare qualunque inizio: un battesimo, una cresima, un matrimonio, l’inaugurazione di un negozio o di una casa.
Se ne costruiscono di ogni foggia e di ogni materiale, prestandosi, per la forma insolita, alle più svariate interpretazioni.
A me piace plasmarne con il bel rosso della terra refrattaria e giocare ad engobbiare i particolari con argilla bianca; cuocere poi a gran fuoco per ottenere campanacci ed anche porta candele ( antizanzare) che nella notte ricordino il fascino di quegli occhi brillanti.
Mi piace modellarne in terraglia bianca e poi. a secondo fuoco, dipingerle sottosmalto o decorarle a smalti policromi per ottenere campanelle dal suono argentino e piccoli decori apotropaici che scrutino il futuro rendendolo, se non più roseo, almeno più colorato!
Se vi siete appassionati alle civette, potete leggere i miei precedenti articoli che parlano (anche) di loro: