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Settembre : “cottu” e vincotto salentino

Pubblicato il 30/Set/2014 in Flora salentina, Miscellanea, Salento magico

evidenzaGià nel 160 a.C, Catone il Censore , nel suo “De agri cultura” ci rivela la sua ricetta di vincotto: ” Metti 260 parti di mosto,52 di vino cotto,52 di aceto, 1300 di acqua dolce e 35 di acqua di mare” Questa mescola, attraverso successive bolliture ed asciugature nelle anfore attraverso i fumi dell’apposito “fumarium” raggiungeva la consistenza del miele.
I salentini attuali hanno semplificato il processo e sono perentori: ” Prendi il mosto e basta!”
Per mia esperienza però la cosa non è così semplice come viene fatta apparire. Il primo giorno di questa avventura il cantiniere mi dice che il mosto non è abbastanza pastoso e non si può fare: dovrei passare la vita a farlo restringere. Secondo giorno idem. Il terzo mi telefona alle 13 che c’è proprio quello giusto. Io sono a pranzo da amici che considerano immodificabile l’ora dei pasti; per cui dico al cantiniere che non posso ritirarlo subito, che lo metta in frigo. Mi risponde, rassicurante, di non preoccuparmi, che per ora il mosto “non parte”.  Alle 18 mio marito ( ignaro dei nostri discorsi) va a ritirarlo e, affacciatosi sulla porta, trova il cantiniere costernato che gli dice :  ” E’ partito!, è partito!”. Mimmo non capisce chi sia partito ma guardando per terra vede una grande macchia scura e densa: la fermentazione ha fatto saltare il tappo e la nostra damigianetta ha eruttato il suo contenuto!
Giorno successivo grande allerta: alle  ore 12,30 il mosto è in cantina. Mimmo parte con il contenitore inserito in una vaschetta e coperto da un secchio ( per contenere eventuali esplosioni) e finalmente alle 13 il mosto è sul fuoco.
E qui comincia la cottura: faccio una tacca al cucchiaio di legno ( come mi è stato raccomandato) per verificare il livello da cui parto e ridurre il tutto ad un terzo. Tempi: per 5 litri  di mosto: una mezz’ora per portarlo in bollore, un paio d’ore per restringerlo a fuoco vivace. Il punto di cottura mi è indicato dal classico rapprendersi sul piattino ma ancor più dal cambiamento di profumo  ( lievemente caramellato) e dalla struttura delle bolle molto più minute e numerose. A questo punto ho “u mustu cottu” .Faccio assaggiare a Marisa , la mia esperta di cose salentine e mi dice che va bene, deve maturare ma va bene. E’ un miele scuro, dolce e fruttato, con un piccolo retrogusto più aspro. Alleluia!  Sono soddisfatta e divido il mio tesoro: un terzo lo conserverò così, con il resto però vorrei arrivare ad una specie di aceto balsamico.

Lascio riposare il tutto per il tempo della mia trasferta ligure. Al mio ritorno aggiungo al mio “mustu” un terzo di buon vino rosso con lo spunto che conservo appositamente per fare l’aceto. E ricomincio con le mie bolliture. Ne esce un prodotto eccellente, ricco e pastoso con una base dolce e una punta di agro che tanto mi piace: ho il vincotto! Darà carattere alle mie insalate già arricchite dalle erbe aromatiche del mio orticello: basilico, rucola, erba cipollina, finocchio selvatico e maggiorana o origano, al pesce, al polpo, alle verdure bollite.
La conservazione di questo prodotto , mi dicono le amiche, è molto lunga e Catone, di cui dicevo all’inizio, ci racconta che dopo queste operazioni , il vincotto lo si poteva conservare per più di due secoli. Non lo potrei verificare perché , come dice Artusi, sarò da tempo andata a rincalzare i cavoli. Credo comunque che il problema non si ponga: con la piccolissima quantità che ne ho prodotto alla prossima vendemmia dovrò ricominciare con la storia del mosto.
E’ un intingolo, oltre che prelibato e versatile, ricco di benefici polifenoli, flavonoidi e antiossidanti.
Ho subito sperimentato “u mustu” con le pittule ( palline fritte di pasta lievitata) e il vincotto con le verdure. Una delizia!


noterella climatica: Oggi, 30 settembre, S. Gerolamo, il tempo è bellissimo : cielo di cristallo e mare trasparente ed immobile. Molti bagnanti a godersi questo scampolo di settembre. La temperatura dell’acqua è ancora di 24,2°.


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