Quattro stagioni di vento e di mare
Le stagioni si susseguono incessanti ma la Primavera 2020 si è ristretta per me nel chiuso del mio giardino. Ho così rappresentato non lo sbocciare in generale dei fiori e l’aprirsi delle gemme tipiche della stagione ma quelle e solo quelle che avevo sotto gli occhi. E così la mia Primavera, nel suo tondo, è circondata dalle calle etiopiche che illuminano con le loro spate bianche intorno allo spadice eretto , verso Pasqua, l’alto muro a Sud. I papaveri si aprono effimeri negli angoli dove il Vento ha potato i loro minutissimi semi . Il gelso d’Otranto, subito dopo le foglie emette le piccole more, verdi e immature che da giugno faranno la gioia degli uccelli e la mia disperazione se non le colgo quotidianamente perché dove cadono macchiano con un colore più vivido del sangue. E i fiori di pesco, di un rosa confetto si aprono: un giorno solo qualcuno e il successivo, improvvisamente, tutti insieme formando una nuvola rosa. Anche l’Estate è stata colta nel trionfo del mare che, a pochi passi da casa, è stato più solitario del solito ma sempre struggente quando ci si siede sulla riva e si gode per pochi minuti il tuffarsi del Sole nello Jonio e la consapevolezza che un altro giorno è finito. Così, di conseguenza ho raffigurato l’Autunno con una cornucopia carica di frutti, ricco saluto alla bella stagione con i fichi più dolci, l’uva più dorata, le melagrane che si aprono come scrigni di rubini agrodolci. Poi l’Inverno incappucciato ma qui ancora prodigo: ulive, pigne, zucche e serate di festa. Su tutto domina Eolo, sempre capriccioso, che in un attimo dispensa fredda tramontana e quello dopo gira a scirocco umido e profumato di mare o ponente carico di salsedine. Il mio Vento gioca con l’aria e anche con l’acqua perché l’ho realizzato così da poter divenire bocca di fontana.