Perdi le cose? Non è vero: è Scazzamurreddhu che le nasconde.
In Salento ho conosciuto “ u scazzamureddhu” ( o scarcagnulu, o munaceddhu, o laurieddhu, o uru, o…) nei racconti della gente.Della sua vitalità ho avuto coscienza un giorno che, entrando in un negozio, per dire in modo spiritoso che avevo perso in casa un oggetto, ho esordito con : “Scazzamureddhu mi ha nascosto…” Il mio sorriso ironico e divertito si è subito ricomposto in un’espressione di circostanza quando la mia interlocutrice, tutta seria, mi ha risposto : “ L’hai visto?” ed ha iniziato a raccontarmi la storia di una sua prozia che non trovava pace perché, ogni volta che si addormentava lo “ scarcagnulu” le si piazzava sul petto e le faceva mancare il respiro, procurandole incubi.Dunque, c’era poco da ridere, almeno in passato, e ho concluso che il genietto dispettoso aveva ancora una sua credibilità.Dato che al folletto salentino mi ero ormai affezionata ho cominciato a cercare di capire da quando fosse qui e da dove venisse.
Questa è una lingua di terra tra due mari, di solide tradizioni greche e romane, approdo di genti mediterranee e nordiche da molti millenni.
Non ho scoperto molto ma un po’ il genietto dispettoso l’ho inquadrato.
Petronius Arbiter ( autore latino del I sec.d. C.) nel suo Satyricon 38,8, a proposito di un liberto, ad un suo personaggio fa dire:“…De nihilo crevit. Modo solebat collo suo ligna portare. Sed quomodo dicunt, ego nihil scio, sed audivi, quom Incuboni pileum rapuisset, et thesaurum invenit. Ego nemine invideo, si quid deus dedit.”
( E’ venuto su dal nulla. Poc’anzi portava ancora la legna in collo. Ma dicono, io non so nulla, ma l’ho sentito dire, che abbia rubato il berretto a Incubo e trovò un tesoro. Io non invidio nessuno, se beneficato da un dio.)
Eccolo qui “carcagnulu”già bello delineato, con il suo nome e le sue peculiarità:
- Incubo, uno degli appellativi di Fauno, primigenio dio romano degli armenti, delle greggi , degli animali domestici, delle coltivazioni che nel suo nome Incubo (in=sopra cubo= mi corico, giaccio) esplicita la sua caratteristica notturna di opprimere e soffocare nel sonno la persona su cui si pone ( che , nel mondo romano si sviluppa in un congiungimento carnale).
- Già fornito del suo amatissimo e preziosissimo cappello collegato al ritrovamento di tesori ( “ acchiatura “ in Salento).
Dunque, dalla profondità del tempo “ carcaluru” compare, come dio agreste. Questo spiega la sua predilezione per singoli cavalli che nottetempo cura, coccola, striglia, accudisce, nutre, ne intreccia la criniera e l’idiosincrasia per altri che bistratta, affama, porta alla morte. Gli antichi dei secondo loro imperscrutabili criteri amavano le creature umane, animali, vegetali e a loro insindacabile giudizio le beneficavano o le avversavano.
Da allora quel dio già antico ha dovuto attraversare i due successivi millennii, mimetizzandosi nella cultura e nelle tradizioni popolari e trasformandosi in un folletto dispettoso abbandonando le caratteristiche inaccettabili in un mondo cristianizzato.
Si permette ancora Scarcagnulu di soffocare nel sonno le donne ma non più di congiungersi con loro. E’ diventato piccolo come un piccolo uomo ( un bambino morto prima del battesimo) o un uomo piccolo piccolo ( vecchio e peloso) perdendo , in entrambi i casi, la inquietante componente sessuale del mondo classico per adattarsi a sopravvivere in un contesto di valori e di credenze lontanissime da quelle del mondo romano.
Non più dio ma spirito notturno della stalla e della casa, benevolo o malevolo, nume tutelare o bizzoso tormento. Fa dispetti e mette a soqquadro o, a seconda dell’umore e delle preferenze, finisce il lavoro iniziato, specie delle belle ragazze che gli sono ancora nel cuore. Ancor oggi, se lo si vuole domare, basta ( si fa per dire!) rubargli il suo amatissimo cappello a punta e sarà disposto a promettervi monete d’oro, tesori nascosti, incredibili fortune pur di riaverlo.Ha frequentato, per molti secoli, con passione, le stalle. Ormai non ci sono quasi più stalle e i cavalli sono una rarità e così si è trasferito definitivamente in casa, la sua casa che governa con le sue regole bizzarre.
Concludendo questa sommaria cavalcata ( per restare in tema) attraverso i secoli, racconto quello che , in vari paesi salentini, mi hanno detto.
“Io non so nulla, ma l’ho sentito dire…” che, esasperati dalle sue angherie , gli abitanti di una casa la lascino per un’altra. Capita allora che, inevitabilmente, in tutte le storie, la padrona di casa dimentichi la scopa e, nel momento in cui dice al marito di tornare per recuperarla, una vocina dica : ” L’ho presa io!” Laurieddhu, il genietto della casa li ha seguiti. E’ la “scopa”che lo rivela, che non pochi guai procurò, nel corso del Medio Evo alle presunte streghe. Chi me l’ha raccontata, in ogni paese, mi ha sempre indicato anche il punto della rivelazione.
Questo affascinante relitto culturale mi segue nelle mie dimenticanze, nel mio perdere gli oggetti, nelle mie estenuanti ricerche in giro per la casa e …se ne accolla la colpa!
E così l’ho voluto rappresentare, nascosto nella legnaia, con il suo prezioso berretto rosso a punta, con il suo viso non si sa se da bambino o da vecchio, con le sue mani contadine, piccolo e furbo, mentre si sporge e mi guarda con i suoi occhi millenari. E’ modellato in terraglia bianca, dipinto sotto smalto a secondo fuoco e incastrato in un ciocco di legno d’ulivo a sua misura.