Le grandi praterie del mare: la posidonia
In queste giornate d’inverno capita, dopo notti di mare tempestoso e vento di scirocco di trovare sulle spiagge montagne di alghe. Sono i resti di una pianta marina caducifolia che, in questa stagione, si spoglia delle sue lunghe foglie nastriformi che si spiaggiano in alcuni luoghi della costa determinati dalle correnti marine. Si tratta della posidonia oceanica. Figlia senz’altro di Poseidon, nostro antico dio del mare e del Mediterraneo ( non dell’oceano) dove vive endemica da milioni di anni. Non è un’alga. Ha, come le piante terrestri foglie,fusto, radici, fiori e frutti. Le radici si ancorano alla sabbia e dal rizoma partono le belle foglie nastriformi. Produce fiori dai quali si sviluppano frutti, le cosiddette ” olive di mare” che, disfacendosi, liberano i semi che daranno vita a nuove piante. In febbraio , dopo una mareggiata, può capitare di incontrarne sulla spiaggia ancora verdi o già neri, completamente maturi. Osservando attentamente il mare, se ne può vedere galleggiare sulla superficie, portati dalle onde, che si avvicinano e poi riprendono il largo. Questi frutti, in acqua, somigliano sorprendentemente ai girini, e come loro paiono muoversi, con il loro picciolo che fa da codina. Uno spettacolo , per chi sa vederli!
E’ la posidonia una grande produttrice di ossigeno, polmone verde del nostro mare e vivaio : lì i piccoli organismi crescono protetti ed alcune specie si nutrono delle sue foglie.
Lo scirocco e il mare tempestoso portano le foglie morte a spiaggiarsi nei luoghi deputati dalle correnti. Una spiaggia vicino a noi si chiama “lalaga”: un nome, un programma. La successiva tramontana se le ripiglia. È sempre stupefacente, in una mattina di sole,non trovare più sulla spiaggia traccia delle montagne di foglie della sera precedente. Non sono i residui di posidonia il problema dei nostri litorali ( anzi, essi difendono la costa e trattengono la sabbia nelle notti di burrasca). Il problema sono i rifiuti di plastica, gomma, le inquietanti scarpe di ogni taglia e l’immondizia varia con abbondante polistirolo ( vedi , se vuoi, l’articolo sulle spugne) che il mare recapita agli uomini che ve li hanno abbandonati. In genere più leggeri delle “alghe”, il vento li porta più lontani e lì rimangono, a disdoro del sedicente Sapiens Sapiens.
A me, le brune montagne di posidonia piacciono: il mio naso le riconosce come profumo di mare. Mi piace camminarci, sono soffici, non marciscono, sono intrise di sale.
In mare, sotto il sole , sono, sui fondali sabbiosi, il tocco di cobalto nell’azzurro abbagliante dell’acqua. A nuotarci in mezzo vedi la posidonia fluttuare nella corrente come capelli di Nereidi ( mi scuso per la similitudine un po’ sopra le righe, ma mi è venuta così!).
Devo anche confessare che mi piace esteticamente: nelle mie ceramiche è sempre presente. È un motivo mio, non visto altrove, che insieme alle onde mi fa tanto Mediterraneo e Jonio in particolare, perché qui è diffusissima , luminosa, non insidiata come in Liguria dalla Caulerpa taxifolia.
Arriva fino a 40 metri di profondità per la trasparenza di cristallo di questo mare.
La dipingo con i polpi, la modello come base per i miei acquari. Mi piace tanto, da viva e da morta!