Il primo gran fuoco per rendere l’argilla terracotta: civette e torri
La ceramica è un mondo affascinante, sempre, anche quando non tocca le vette eccelse testimoniate dalla mostra del museo “Sigismondo Castromediano”.
Fare ceramica è creativo. Non per niente i ceramisti, come protettore, non hanno un santo qualsiasi, ma il Padreterno in persona. Fu il primo a modellare la creta!
E modellare la creta, sia essa morbida ed untuosa terraglia bianca o ruvida e corposa terra rossa, è qualcosa che fa bene, libera la testa e fa danzare le mani. Quando si ha un pane di terra davanti e si comincia a lavorare, il tempo entra in una dimensione personale, molto lontana da quella dell’orologio. Un minuto può essere molto lungo ed impegnativo, tre ore un soffio. Prevale la seconda condizione.
L’argilla è malleabile, duttile, capace di cogliere al volo l’idea, se l’idea è precisa e dettagliata. Ma se si pasticcia, se si lasciano bolle d’aria, se non si calcolano gli spessori, le tensioni, le aderenze, il fuoco inesorabilmente punirà gli errori. L’argilla può essere lavorata a tornio, a colombino, modellata a sfoglia. Io uso la terza tecnica e realizzo cose diverse a seconda dell’umore e del luogo. Da quando sono in Salento il genius loci ha indirizzato il mio gusto verso cose che non avevo mai pensato, ma che qui mi vengono spontanee. Le ultime creazioni a gran fuoco sono campanelle a forma di civetta. La civetta di Athena , che per molti secoli vegliò dall’alto dei suoi templi su questa terra. Le campanelle fanno parte della tradizione popolare, sono presenti in ogni fiera ed erano il tintinnante regalo per i bambini. A Taviano c’è una fiera, la Cappeddha, in settembre, che risuona ancora di campanelle e fischietti ed era un tempo l’occasione, per tutto il paese, di rifornirsi di terraglie e “pignate”.
La terra rossa che abbonda ovunque mi ha ispirato piccole torri abitate dai tipici animali della tradizione salentina: municeddhe (lumachine), serpentelli, gechi, lucertole. Possono essere usate per contenere un piccolo cero alla cedronella per illuminare in modo suggestivo le notti d’estate e tenere contemporaneamente lontane le zanzare.
Sono realizzate in terra refrattaria, la stessa delle “pignate”, ingobbiate in alcuni particolari con terra bianca e cotte a gran fuoco. Il granfuoco è il primo fuoco, quello che trasforma l’argilla in terracotta. Raggiunge per questi oggetti la temperatura di 970 gradi.
E il fuoco è il giudice insindacabile del ceramista. L’apertura del forno è sempre una sorpresa, come l’uovo a Pasqua. E’ molto bella questa certezza che non lascia spazio alle congetture. Quando insegnavo non sapevo mai se il mio lavoro fosse efficace, se ero riuscita a trasmettere ai ragazzi nozioni e consapevolezza.
Con la ceramica questo non succede, ad apertura di forno sai sempre se hai fatto bene o se hai sbagliato.