Ottobre, il giuggiolo
Giuggiolone si dice (o almeno si diceva) di un ragazzotto grande e grosso ma sempliciotto. Andare in brodo di giuggiole indica invece lo sciogliersi e crogiolarsi in situazioni estremamente gradevoli. Allora: le giuggiole ricordano qualcosa di semplice e insapore o di delizioso e gratificante? Secondo me dipende da quando le stacchi dall’albero: acidule e insignificanti quando sono sode e acerbe, deliziose e dolci come datteri quando sono brune e raggrinzite. Lo Ziziphus jujuba non va per la maggiore, ingiustamente, perché sa dare, insieme al melograno, carattere ai piccoli giardini. E’ di lenta crescita e dalla forma scompigliata, si spoglia tardi e ancor più tardi si veste. In Italia è stato portato dall’Africa ai tempi di Augusto e in alcune zone si è inselvatichito. Questo frutto dimenticato matura ad ottobre ed a Tiggiano è conservato fino a gennaio, per una salace allusione nel giorno di S.Ippazio (vedi l’articolo sulla pestanaca di S. Ippazio). Le giuggiole sono molto ricche di vitamina C. Il mio alberello ne produce poche e quindi, oltre a mangiarle appena appassite, ne sciroppo alcune. Punzecchio le giuggiole, le dispongo in barattoli di vetro, le copro con abbondante zucchero. Metto i barattoli a bollire avvolti in stracci, in un pentolone pieno d’acqua. Lascio bollire 40 minuti e poi freddare. Ne esce un gradevole brodo di giuggiole sciroppate per trastullarsi davanti al camino ed evitare il mal di gola. Ho trovato in un vecchio ricettario un “brodo di giuggiole” ancora da sperimentare ma penso delizioso. Bollire giuggiole secche, mele cotogne a fettine, scorze di limone e uva con acqua e zucchero. Filtrare e fare addensare con vino rosso.Appena ne trovo una buona manciata ci provo!