Aprile: le orchidee spontanee
Ad aprile è bello andare per orchidee. Scoprire e fotografare questi piccoli gioielli di natura è una festa di primavera.
Le orchidacee, specie endemica intorno al Mediterraneo, regalano a chi abbia voglia di cercarle tra l’erba e le rocce, le loro splendide e minute fioriture. Il loro nome è già presente negli ampi scritti di botanica di Teofrasto (371-278 a.C.) “il divino dicitore” discepolo di Aristotele e suo successore alla guida del Liceo. Orchidea ( da orchis: testicolo, in greco) per la forma dei due tuberi radicali da cui si origina la pianta. Essi hanno diversa funzione: l’uno presiede all’accrescimento, l’altro all’immagazzinamento delle sostanze nutritive che garantiranno la continuità della pianta.
La mitologia classica, così pervasa da una forte sensibilità verso ogni manifestazione naturale, ha regalato a questa pianticella una delle sue metamorfosi inserendola nell’ambito dei culti e dei misteri dionisiaci. Orchis, bello come la ninfa da cui fu generato e voglioso come il satiro di cui era figlio, durante un’orgia dionisiaca pretese di violare una sacerdotessa ma, per il suo abuso, venne sbranato dal corteo di belve feroci che sempre accompagnavano il dio. La pietà degli dei però volle ricordare in una pianticella dai fiori incantevoli la bellezza del giovane e nei due tuberi radicali a forma di testicoli la sua veemente libido.
La teoria della segnatura così amata nell’antichità e diffusa nel Medio Evo (ma non ancora del tutto morta: vedi in questo blog gli articoli su pestanaca e mirto) ha fatto sì che, i due “testicoli vegetali” abbiano dato alle orchidee fama di potente afrodisiaco e di rimedio contro la sterilità.
Queste piantine posseggono, in effetti, nei loro bulbi, amidi non più miracolosi della fecola delle patate, ma l’immaginazione sa rivestire di fascino tutto ciò che la solletica.
Sul litorale tra Mancaversa e il Parco regionale del Pizzo, a Porto Selvaggio e alla marina di Ugento sono riuscita a fotografare Anacamptis piramidalis, Gimnadenia corneliana, Serapias vomeracea, Neottia nidus avis e Ophris incubacea. Continuerò la mia caccia ed aggiungerò nel tempo, alla mia galleria fotografica, i miei futuri ritrovamenti. Mi piacerebbe tanto incontrare la Cypripedium calceolus, metamorfosi della scarpetta dorata che Venere perse, vagando spensierata per monti e valli con il suo bell’Adone e che, nello scorrere dei secoli si è adeguata ai tempi diventando una più modesta pianella della Madonna pur conservando sotto sotto il suo fascino malizioso.
Contemporaneamente alle orchidee fiorisce, spesso sugli stessi terreni e con un portamento simile l’orobanche, detta in Salento “spurchia”. E’ un’infestante e parassita temuta specie nei campi di fave, dove può compromettere il raccolto.
E’ però pianta commestibile e i giovani turioni sono apprezzati nel barese dove viene considerata una specialità culinaria dalla lunga preparazione volta ad attenuare il forte sapore amaro. In Salento “portare spurchia” vuol dire portare sfortuna.