Il Carnevale di Gallipoli
Come in tutti i suoi riti il Salento ha tempi lunghi. Questo vale anche per il Carnevale. Inizia già il 17 gennaio, giorno in cui tutto il Salento brucia con mille focare e focareddhe in onore di S.Antonio abate. Termina, dopo lauta mangiata, rigorosamente di carne (e polpette in particolare) la notte del martedì grasso ai dodici rintocchi del campanone della città vecchia.In molti paesi è ancora il fuoco a concludere il periodo con un gran falò su cui brucia “lu Carniale” con canti e abbondanti libagioni. Simbolo a Gallipoli ne è “lu Tutoru” (Teodoro) soldato tornato a casa per festeggiare il carnevale. La mamma premurosa gli prepara i maccaruni e tante polpette che egli mangia avidamente. Una gli va di traverso e muore. Tragica fine con tragica polpetta! Così Tutoru sfila in una bara, su un sontuoso carro funebre, con un corteo di prefiche che lo piangono sgangheratamente. Tiene in mano il fuso e la conocchia, simboli antichi che presto erediterà sua madre: la Caremma, altra grande personificazione della tradizione salentina (vedi articolo, se vuoi). I cortei di maschere e carri sono aperti da un re e da una regina: re Candallinu e regina Mendula riccia: personificazione rispettivamente di due tipi di confetti, l’uno alla cannella e l’altro di mandorla in una glassa rugosa di zucchero. D’altri tempi se ne lanciavano a sacchi e qualche volta l’eccessiva foga lasciava lividi su chi era oggetto di tanto entusiasmo.I carri sono grandi, vere strutture di cartapesta, lungo lavoro di tanti artigiani, maestri in quest’arte antica. Quest’anno si celebra Disney, con grande gioia dei bambini che corrono ovunque, tirando coriandoli e ristorandosi poi con i primi gelati, in un tiepido clima che profuma di primavera.