Gennaio: la pestanaca di S. Ippazio, una carota davvero singolare.
Tiggiano, percorrendo l’Europa e l’Italia tutta , è un piccolo paese che si incontra quasi ai confini della terra (Leuca dista solo 15 Km.!). Quasi per ultimo, ma non certo ultimo per la sua storia millenaria, imponente come il suo bel castello. Nel suo stemma è Giano, il dio bifronte che vede passato e futuro e qui ricorda la fondazione romana. La lunga storia bizantina è testimoniata invece dal suo santo patrono: Ippazio. Il culto di questo santo orientale, venerato dalla chiesa bizantina, giunse nel Basso Salento con i monaci basiliani e a Tiggiano rimase e prosperò: unica città italiana che lo rivendichi ancora come suo protettore. Vescovo e teologo, partecipò al concilio di Nicea (325) , fondamentale per la definizione dell’ortodossia ,con grande solerzia. Vivacissime in quella sede furono le discussioni per la difesa della fede e della dottrina, senza escludere alcun mezzo per convincere i dotti Padri. Un acerrimo oppositore del Nostro trovò modo di avere l’ultima parola nella esposizione delle sue sottili argomentazioni scagliandogli un ben assestato calcio in quelle parti che solitamente stanno “sotto panni”. Queste “argomentazioni” oltre che mozzargli immediatamente il fiato ed impedirgli di replicare, gli procurarono una dolorosa ernia inguinale che lo tormentò poi per tutta la vita. Morì di morte violenta , in una imboscata , sempre a causa della fede, da parte di zelanti seguaci di Novaziano. Queste travagliate vicissitudini lo condussero ad essere assunto come indiscusso protettore degli organi genitali maschili. E come tale Tiggiano, devotamente, lo onora. Coloro che , nei secoli passati, necessitarono del suo intervento risolutore, accorsero , accompagnati dalle loro donne , ad impetrare la grazia della guarigione. A “Santu Pati”, come confidenzialmente i tiggianesi chiamano il loro patrono, le madri conducono i figli maschi invocando per loro fecondità ed una vita felice. La festa si celebra il 19 gennaio, nel giorno in cui a Tiggiano già si teneva e ancora si tiene la prima fiera agricola dell’anno di tutto il Basso Salento.
Lo scambio e la vendita di sementi e attrezzi fa sperare che ancora una volta il ciclo della natura riprenda il suo corso fecondo : che Proserpina (avrebbero detto i tiggianesi di epoca classica) ritorni sulla terra ad allietare gli uomini e scacciare la fame.
Nel pomeriggio una solenne processione porta S. Ippazio per le vie della città. Ma prima di essa c’è il classico rito dell’innalzamento dello “starnaddhu”. Lo stendardo è un’asta lunga ben 7 metri, rivestita da un drappo rosso e con in cima una sfera di ghisa di 5 Kg. Avrà il privilegio di compiere il rito colui che avrà offerto la maggiore somma di denaro per finanziare la festa. Il vincitore partirà di corsa dal portone della chiesa, percorrerà il sagrato, scenderà i tre gradini, attraverserà la piazza e, sempre di corsa, tenendo lo stendardo parallelo al terreno, tra il rullo assordante ed esaltante dei tamburi dovrà dirigersi verso la cappella della Madonna Assunta. Qui giunto, lo ergerà con un colpo deciso. Se il rito verrà condotto a buon fine, senza tentennamenti e imprevisti si può senz’altro sperare in un anno fecondo, ricco di raccolti. E il primo raccolto, di grande forza simbolica ed allusiva è proprio la pestanaca di S. Ippazio che giunge in questi giorni a piena maturazione.
Malgrado il nome, che può trarre in inganno per l’uso dialettale del termine, non appartiene alla famiglia della pastinaca sativa ma è una carota: Daucus carota L. var. sativus cultivar “Santu Pati”: bellissima, con colori che vanno, a seconda della purezza e della maturazione, dal giallo chiaro al viola scuro. È croccante e succosa, molto fragile, dal gusto fresco e dolce.
La devozione per il Santo e la sua pestanaca sono indissolubilmente legate. Per onorare Santu Pati è proprio questa e solo questa la carota che si deve mangiare. In questo giorno l’acquisto di un mazzo di queste bellissime radici assume un significato rituale e propiziatorio e nessuno si allontana dalla fiera senza portarsene a casa un bel mazzo assieme ad una manciata di giuggiole, due per ogni pestanaca…!
Il valore rituale ha consentito la sopravvivenza di questo ortaggio capriccioso e molto esigente , ormai scomparso dal mercato ortofrutticolo e venduto sostanzialmente soltanto in occasione di questa festività. È l’unica varietà conosciuta di carota ad aver conservato la capacità di produrre cianidine, che posseggono elevate proprietà antiossidanti ed antinfiammatorie. Da alcuni anni l’Università del Salento e il suo orto botanico hanno focalizzato la loro attenzione su questa singolare varietà di carota per valorizzare il territorio, perché portatrice di tradizione e contenuti culturali e perché entità botanica rara e di elevato pregio nutrizionale ed organolettico
Come la si consuma? Cruda, naturalmente, condita al massimo con un po’ di olio extravergine di oliva ed una goccia di limone. Ma anche cotta, nei modi più svariati, dolci o salati.
Due piccole proposte realizzate con le pestanache comprate alla fiera di S. Ippazio:
CROSTATA TE SANTU PATI: Su una normale base di pasta frolla o sfoglia adagiare un ripieno così preparato: pulire delicatamente (senza sbucciare) un paio di pestanache, affettarle sottilmente e porle ad ammorbidirsi in una padella con un goccio d’acqua, un paio di cucchiai di zucchero di canna, un bicchierino di limoncello, una spolverata di cannella. Cuocere lentamente per pochi minuti. Farcire la sfoglia con il composto e il suo intingolo. Cuocere in forno fino a doratura. Servire caldo o freddo con un buon bicchiere di Negroamaro o Primitivo amabile di Manduria.
SFORMATO ROSATO DI PESTANACA: pulire delicatamente le pestanache ed una cipolla rigorosamente rossa. Tagliare il tutto a rondelle e stufare in una padella con un filo d’olio e appena un po’ d’acqua. Aggiustare di sale e lasciar ammorbidire e poi freddare. Aggiungere una piccola ricotta, un paio di uova e una bella manciata di formaggio grattugiato . Frullare il tutto e disporre in ciotole monoporzione precedentemente unte e cosparse di pane grattugiato. Infornare a 180 gradi per una mezz’ora.
Aggiornamento: Oggi, 20 aprile, ho imbottigliato il liquore di pestanaca impostato il 21 gennaio. Ad un primo assaggio appare ottimo, ma deve maturare. Quando sarò certa del buon risultato, dopo adeguata stagionatura, darò la ricetta, se può interessare a qualcuno.